Le storielle del principe

La catena della vita

Buongiorno Principessa

Il titolo della storiella di oggi lo dai te:

Il capitano ormai aveva smesso da anni di andar per mare. Che ci vado a fare se non posso veleggiare. Stranamente l’uomo con la pelle impastata dal sole e dal mare riusciva con dignità a rinunciare al mare, allo iodio. So di persone che dopo aver vissuto tanti anni vicino al mare, se per necessità della vita se ne  allontanano si ammalano gravemente. Lui invece no! Diceva : “Se non ho più la forza per veleggiare che vado a fare in riva al mare”

Però non aveva abbandonato del tutto il suo mare. Costruiva navi in bottiglia, impiegava qualche mese, ma erano fedeli riproduzioni ora del Galeone Spagnolo, ora del Brigantino Genovese. Col tempo gli occhi già stanchi cominciarono a non funzionare più. L’hobby/lavoro divenne pesante. Allora il capitano decise di smettere di fare anche quello.

Ma doveva pur far qualcosa per impiegare il tempo, lui un uomo abituato a comandare, a far tuonare la voce in mezzo all’equipaggio  lui che non conosceva i modi gentili per ottenere una cosa. Lui decise di raccontare le storie, dapprima le storie della sua vita, i viaggi per mare, i luoghi fiabeschi visitati, poi storie inventate. Il tempo implacabile lo fermò, qualcuno più grande di noi o il destino non so chi scelse per lui il sonno eterno.

Io non ho conosciuto molto mio padre, era sempre in mare quando io crescevo, quando lui è stato sulla terra ferma io viaggiavo, volevo scoprire il mondo o almeno qualche fetta di mondo. Andavo per monti, per mari, per città assaporavo tutti i cibi di ogni luogo. Ho mangiato salsicce gialle, uova verdi, spezzatino di coccodrillo, e fegato di elefante. Non ho viaggiato moltissimo, ho visto qualche paese lontano da casa mia. Ma pensavo sempre a lui, al suo lavoro che lo teneva lontano da me. Non ho mai capito come abbia fatto a rinunciare al mare.

Ho capito come si fa a rinunciare a vedere il mondo. Dopo un po’ il mondo ti stanca. Ovunque vai trovi sempre le stesse genti, magari di colori diversi, non parli la loro lingua, ma tutti si muovo ridono e si comportano allo stesso modo. Tutti gli uomini ti accorgi che ridono per le stesse cose; per esempio se cammino per le strade di Londra e scivolo su una buccia di banana tutti intorno sogghignano.

Se la stessa cosa mi succede ad Hong Kong, il risultato è lo stesso. Questa cosa è bellissima e aberrante allo stesso tempo. Quindi dopo aver capito che tutti gli uomini sono uguali, adesso non viaggio più. Non ho più voglia di scoprire nuovi mondi o nuove culture.

Adesso anche io come mio padre costruisco navi in bottiglia, lo faccio da un po’ sono diventato bravo, come lui meglio di lui. La casa è ricca di questi soprammobili.
Il tempo mi ha indebolito la vista, non riesco più a lavorare, a fare le navi in bottiglia, come mio padre racconto storie, non ho grandi esperienze per raccontarne sulla mia vita, le invento.

Il mio tempo sta finendo  e ho capito perché tutti gli uomini sono uguali, io per primo sono uguale agli altri, perché sono come mio padre, seguo le sue orme, così come gli altri uomini seguono le orme dei loro padri e dei padri dei loro padri, in una catena lunghissima che ci riporta all’inizio della creazione. Se siamo tutti fratelli perché ci odiamo?

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