Pensieri

Una nuova originalità

Nella mia famiglia c’è’ un piccolo problema, che permane da tanto tempo. Non riusciamo mai a trovare le password della linea ADSL quando ci servono e abbiamo urgenza. Il cd viaggia sempre da una stanza all’altra in funzione dei vari PC che abbiamo. 

C’è’ il PC fisso in ufficio, la tavoletta praticamente dappertutto, il PC portatile, l’altro PC portatile, l’altro PC fisso.

Un giorno, mio marito molto nervoso per questo inconveniente ha ideato un metodo per risolvere “definitivamente” il problema: fare tante copie delle credenziali e seminarli per tutta la casa. Non so quanto questo sia pratico, visto che siamo disordinati ma sicuramente è un metodo originale. 

Mi sono fatta la domanda, che cos’è’ che ci rende originali in quello che facciamo e diciamo? Il termine “originalità” è spesso usato come un complimento alla creatività degli artisti, scrittori, ecc.

Mi ricordo che anni fa, nei tempi dell’università, quando dovevamo trascrivere ricerche, testi etc, l’unico modo era di re- editare tutto il testoe nel processo creativo si modificava il più delle volte lo stesso aggiungendo una nostra visione personale. Alle volte diventava più facile ed immediato iniziare un progetto ex novo piuttosto che modificarne uno esistente. Questo portava a sviluppare la propria creatività ed a portare un contributo personale in ogni cosa, un progetto unico.

L’evoluzione software ha introdotto una nuova funzione fin dagli anni ’80,taglia e incolla detta anche “cut & paste”. Col tempo, grazie al taglia e incolla l’originalità nello sviluppare nuovi progetti si è affievolita. Adesso i ragazzi a scuola con un po’ di polso (per muovere il mouse) e una connessione ad internet stampano tesine ad hoc ricche di argomenti, ma dense di cosa? Esiste ancora un pensiero basato sulla ricerca e sulla conoscenza?

Come già si è visto tante volte, anche i grandi scrittori, uomini politici, giornalisti, professori sono stati accusati di mancanza di originalità, di aver aderito al nuovo culto del“cut & paste”.

Ma cosa ci vuole veramente per essere originali in quello che facciamo? Per iniziare dovremmo affidarci alle forze che abbiamo dentro di noi, ai nostri sogni, alle fantasie e al gioco per creare un interpretazione individuale di quello che vogliamo creare. Ognuno ha dentro di se la forza di creare, quindi bisogna seguire il proprio istinto, accettare di rischiare esprimendo le proprie idee piuttosto che guardare quello che fanno gli altri, copiando schemi preimpostati ed avere paura dei giudizi altrui.

L‘originalità vuol dire in primo luogo essere se stessi, essere originali con la propria vita.

Certamente è difficile essere originali, si tende a prendere sempre come punto di riferimento una cosa già esistente, già creata da qualcuno altro. Diventiamo creativi anche cambiando quello che non ci soddisfa e l’originalità sta nel trovare le “imperfezioni” in un certo stile e nel desiderio di migliorarlo, di portare il proprio contributo. Come fecce Gaudi  quando portò una revisione allo stile gotico, nella costruzione del palazzo Guell. Lui pensò che era certo uno stile ma uno stile incompleto: “l’arte gotica è imperfetta […] è lo stile del compasso, della formula, della ripetizione a catena.”

L’originalità parte dall’ indipendenza del nostro pensiero e ha come basi lo studio e la forza di esprimersi ed di sperimentare nuove idee, anche se mai messe in pratica, la forza di provare come se tutto fosse possibile.

Essere originale significa anche liberarsi dal giogo delle produzioni ispirate al passato, significa lasciare alle spalle le abitudini e di cercare di dare una propria interpretazione a quello che si vuole creare. Dall’altra parte invece, si dovrebbe trovare un interlocutore aperto alle sperimentazioni, pronto ad accogliere il nuovo, il diverso perché l’originalità ha bisogno di collaborazione e di esprimersi in totale libertà. Libertà del proprio pensiero e libertà insieme agli altri.

Portiamo dentro di noi un istinto di tradizionalismo e conservazione, che crea un’ avversità rispetto alla novità, alla diversità. Una persona originale uscirà sempre fuori dai schemi e quindi potrebbe capitare di essere esclusa dalla società, se la società è solo un cumulo di persone guidate da un pensiero rigido e piatto. La forza delle masse offre la possibilità di sviluppare l’umanità ma anche di annichilirla. Quindi il nemico dell’originalità sta nella standardizzazione delle idee,  nella perdita del pensiero creativo a favore del pensiero ripetitivo del  “cut & paste”.
Si corre il pericolo di avere generazioni che mancano di originalità, che si trasformano e si creano come masse capaci solo di reagire e gridare e non di esprimere e pensare.

La forza dell’originalità sta nella profondità del contenuto che esprimee  non sempre portare qualcosa di nuovo vuol dire essere originali, come non tutto quello che è originale deve essere per forza ricco di sostanza per durare nel tempo.

Certamente abbiamo bisogno di generazioni fatte di personalità distinte fra loro, più originali, capaci di fare domande, di cambiare e soprattutto di creare.

Daniela Butcu | @danib1977

Pensieri

Sul coraggio e la libertà di cambiare


English version here

“Odio questo paese da una vita e oggi anche di più perché non ha rispetto dei propri figli. Ma non me ne vado per odio, me ne vado perché spero che un giorno il mio figlio capisca che staremo vivendo meglio. Credo che sia il momento più duro della mia vita. “

Queste sono le parole di una mia amica, che sogna da una vita di cambiare paese, sogna di trovare il posto giusto per lei e ora, finalmente ha preso la decisione di fare il grande passo. Non è mai troppo tardi per cambiare, se è quello che si desidera.

Cosa vuol dire il cambiamento, se non una trasformazione, una crescita ed un miglioramento di se stessi. Tutto intorno a noi cambia continuamente, la natura, il tempo, i costumi, tutto si evolve, si trasforma, cresce oppure muore. Il cambiamento è l’essenza della vita stessa. Allora perchè cambiare ci fa tanto paura, perché le persone a volte fanno di tutto per non cambiare?

Ci sono molteplici le situazioni nelle quali rifiutiamo il cambiamento e continuiamo ad aggrapparci alle cose, alle persone, alle situazioni, ai ricordi. Vediamo spesso donne che rimangono per anni in matrimoni infelici, “accettando” anche le violenze domestiche. Moltissime persone fanno lavori che non amano, solo per avere il “posto fisso”, vivendo ogni giorno con la consapevolezza che non sono al posto giusto e rubando magari il lavoro ad una persona veramente adatta a quella situazione. Rimangono incastrate in situazioni per le quali non sono portate perché pensano di non poter fare altro che quello che fanno e hanno paura di ricominciare a studiare, a imparare un mestiere nuovo, a fare qualcosa che veramente li piace.

Affrontare il cambiamento vuol dire avere il coraggio di scegliere la cosa giusta anche se la più difficile. Dovremmo scegliere di liberare la nostra forza e buttarci dallo scoglio, fare un salto nella vita. Il senso di tutte le cose sta nel calore della trasformazione, della strada che dobbiamo percorrere e nel desiderio della conoscenza. Come viviamo il cambiamento, questo dipende da noi.

Quindi il coraggio di cambiare è anche un atto di amore verso noi stessi, è il desiderio di inseguire i propri sogni. Perché in tutto ciò capita spesso che ci si scorda una cosa essenziale: se stessi ed i sogni che nascondiamo dentro di noi. Ci dimentichiamo lungo il nostro viaggio che l’emozione e l’animazione per qualcosa di vero, ci indica la strada da seguire passo per passo.

In questo momento di crisi che stiamo attraversando, più che mai abbiamo bisogno di tirare fuori le risorse che abbiamo dentro di noi e che magari abbiamo lasciato giacere nel profondo del nostro cuore. Certamente sarà difficile cambiare, anche per causa delle vecchie mentalità che ancora sono presenti in ciascuno di noi, dal politico allo studente, dal funzionario pubblico allo scienziato e cosi via. “La liberazione, se realmente ci sta a cuore”, scriveva E. Cioran, “deve procedere da noi stessi: a nulla serve cercarla altrove, in un sistema già fatto o in qualche dottrina orientale.”

Siamo lo specchio di quello che facciamo ripetutamente, quindi, alleniamoci su questo, sul desiderio di sentirci liberi di inseguire i sogni. Nessun cambiamento positivo non si verificherà nella nostra vita fino a quando ci si aggrappa al pensiero che la ragione che ci impedisce di vivere bene è fuori di noi. Fino a quando continueremmo a dare la colpa a quelli che ci trattano ingiustamente, tipo un marito violento, un capo esigente, situazioni di costrizione e limitazione sociale, la situazione non cambierà. Solo noi siamo responsabili e la chiave sta in noi stessi, perché tutti abbiamo la libertà ed il potere di scegliere.

Chiudo con i versi della canzone “People have the power” di Patti Smith, che è un vero inno dedicato alla libertà:

“Ascolta: Io credo che tutto quello che sogniamo
può arrivare e può farci arrivare alla nostra unione
noi possiamo rivoltare il mondo
noi possiamo dare il via alla rivoluzione sulla terra
noi abbiamo il potere
La gente ha il potere…”

Daniela Butcu | @danib1977 

Pensieri

#DirittiUmani: la fiaba quotidiana

E la principessa e il principe si sposarono e vissero felici e contenti per il resto dei loro giorni. Questo è il finale di quasi tutte le favole che sentiamo da piccoli. Ma nella realtà c’è sempre una grande differenza dopo le classiche parole:… E vissero felici e contenti.

Quando si arriva al gran finale delle fiabe, in genere ci sono il Principe e la Principessa felici, ma quante volte nella realtà le cose sono sempre cosi? Nelle favole che leggiamo ai nostri figli c’è sempre un principe che protegge e salva la sua principessa. Tutt’ora nelle favole i principi sono cosi, buoni, altruisti, hanno la forza e la usano per proteggerci.

Tutt’oggi non solo nelle favole i maschi sono cosi. Ma ancora oggi ed anche nelle società più evolute i principi diventano bestie che picchiano e maltrattano fisicamente le loro compagne, le insultano e le trasformano da principesse in schiave. Si tratta di violenza contro le donne da parte dei maschi.

A ottobre dell’anno scorso, L’Italia ha firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Questonuovo trattato è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.

L’ art. 3 della Convenzione definisce “La violenza contro le donne” come “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne” e si intendono tutti gli atti di violenza di genere che si traducono in, o sono suscettibili di provocare, danno fisico, sessuale, psicologico o economico o sofferenza alle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia in pubblico che nella vita privata.

Purtroppo, la violenza sulle donne resta un problema attuale anche in Italia, e secondo i dati dell’ISTAT è in continua crescita il numero delle vittime di femminicidio. Nel 2012 in Italia 117 donne sono state uccise da un familiare o conoscente. I dati rivelano anche che la violenza domestica risulta la più diffusa, in quasi 70% dei casi. Quindi la violenza sulle donne è un grande problema in primo luogo della convivenza domestica, nonché di relazioni umani fra uomo e donna. Secondo lo stesso ISTAT, il 93% dei casi non vengono segnalati, rimanendo sconosciuti, invisibili, inesistenti.

Finalmente con l’adesione alla Convenzione sopra citata, dovrebbe essere possibile delineare un quadro completo di politiche e misure per la protezione e l’assistenza a tutte le vittime della violenza contro le donne e la violenza domestica. Ogni paese che aderisce e quindi anche l’Italia, dovrebbe garantire l’effettiva attuazione delle sue disposizioni e quindi adottare la legge di ratifica della convenzione.

A quanto spiega Marina Calloni, ordinario di filosofia politica nell’Università di Milano-Bicocca, in Italia ancora non c’è una legge organica che disciplini in maniera completa questo grave problema, un metodo uniforme che possa coinvolgere con un approccio integrato e strategico tutti i soggetti implicati, non ci sono azioni standardizzate per prevenire e monitorare il fenomeno della violenza contro le donne.

Volevo capire meglio come sono organizzate sul territorio le associazioni che aiutano le donne in difficoltà e ho fatto alcune domande ad una mia amica che è stata responsabile di una casa di accoglienza per le donne maltrattate. La prima cosa che mi ha detto è che non esiste una normativa a livello nazionale che regoli questo aspetto, ma ogni provincia fa come crede. Lei definisce il sistema come un sistema a “macchia di leopardo”.

C’è tanto volontariato, associazionismo, cooperative, ognuno nel suo piccolo porta avanti un progetto indirizzato ad aiutare le donne che subiscono violenze. C’è il telefono rosa che offre accoglienza telefonica 24h su 24 anche ai minori che subiscono violenza in famiglia. Ci sono le forze di polizia dove le donne vanno a sporgere le denuncia che poi indirizzano le donne a rivolgersi ai Servizi Sociali. Ci sono i giudici, i mediatori culturali, ci sono leggi che tutelano le donne, come quello contro lo stalking. Ci sono centri specializzati anche nell’inserire la donna in un ambito sociale e renderla indipendente, associazioni che offrono assistenza legale, sociale, psicologica ed economica alle vittime della violenza.

Ma quello che manca è una regolamentazione unitaria. C’è una regolamentazione per i malati mentali, per i minori che delinquono, per gli anziani, per tante categorie sociali ma non per le donne aggredite. La mia amica mi spiega che c’è tanta diversità di servizi offerte alle donne ma non c’è una rete di collegamento trasparente, l’informazione rimane bloccata in piccole macchie di leopardo, la comunicazione viene troncata e alla donna risulta difficile capire come funziona veramente il sistema e quali sono le prospettive che la aspettano nel momento nel quale decide di abbandonare una situazione di violenza, isolamento sociale e sottomissione. Le donne a volte non sanno neanche a chi rivolgersi e non hanno neanche una struttura familiare solida che le possa aiutare.

La violenza domestica è un fenomeno complesso, ed anche se ogni donna ha la sua storia la tipologia è simile: per molto tempo la maggior parte delle donne non denunciano subito il loro partner, ma si rivolgono ai centri sociali solo quando veramente sentono di rischiare la vita.

La storia di Clara non è una fiaba ma una delle tante storie contemporanee. Clara è una delle tante donne in fuga dal marito. Per tutta la vita ha fatto la casalinga, ha dato vita e ha cresciuto tre figli e dopo una vita di violenze subite dal marito, è dovuta scappare e rifugiarsi in una casa per le donne maltrattate. Clara ha vissuto una vita benestante, ma il prezzo da pagare è stato l’isolamento sociale, senza amici e famiglia, la possessività, la sottomissione fino ad arrivare decine di volte in grave condizioni in ospedale. Solo quando ha sentito veramente di rischiare la vita ha avuto il coraggio di scappare e lasciare alle spalle il suo calvario, grazie anche all’aiuto di psicologi e assistenti sociali del Centro Antiviolenza.

Il ruolo dei Centri Antiviolenza per le donne è importantissimo. Oltre ad offrire la prima accoglienza, i centri offrono servizi legali, psicologi, educatori e gruppi di sostegno e di servizi speciali per i bambini delle donne in fuga, orientamento ed accompagnamento al lavoro. Perché è altrettanto importante capire i bisogni di ogni donna e accompagnarla nel miglior modo ad uscire dal ciclo della violenza. Le case rifugio, invece, spesso ad indirizzo segreto, ospitano oltre alle donne anche i loro figli minorenni per un periodo di emergenza.

Ma come funzionano questi centri? Da dove provengono i fondi destinati alle donne maltrattate? Molti Centri Antiviolenza si sono organizzati costituendo una rete territoriale di sostegno alle donne che subiscono violenza e coinvolgendo le forze dell’ordine, i pronto soccorsi, i servizi sociali ed altri enti sensibili al tema. Alcuni sono autofinanziati, alcuni sono stati creati con finanziamenti pubblici, con partnership collaborative pubblico-private e fonti di finanziamento esterne.

Ma i centri non sono considerati un servizio pubblico, come un ospedale, per esempio. Così, alcuni, dopo la fase iniziale di finanziamento ricevuto, con il tempo rischiano la chiusura per mancanza di risorse sufficienti, anche a causa dei tagli alle politiche sociali. Tante di questi centri sono stati costretti a chiudere, come è il caso della casa rifugio coordinata dalla mia amica.

Come risulta dal libro scritto dal giornalista Riccardo Iacona “Se questi sono gli uomini”, in Italia si contano circa 150 associazioni che si occupano di violenza contro le donne, ma ancora poche rispetto alle decine di nuovi casi e ancora pochi sono i fondi stanziati dal governo per l’attuazione delle politiche sociali.

Per concludere, ormai è riconosciuto che un contesto di disuguaglianza sociale e discriminazione tra i sessi è un terreno fertile per la violenza domestica. Quindi da una parte è una questione di cultura, abbiamo il problema del modello maschile e femminile che si trova in un processo di trasformazione e quindi l’educazione dovrebbe essere centrata sui nuovi rapporti e modelli di relazione fra uomo e donna che insieme dovrebbero scoprire e costruire un nuovo senso dei rapporti, della reciprocità, della dignità dello stare insieme.

Sarà sicuramente un processo lungo, ma uomini e donne devono lottare insieme e collaborare per fare qualcosa di concreto a livello culturale e sociale e non cadere nella trappola dalla violenza, del rovescio della medaglia dove gruppi di femministe più radicali, come testimonia una delle prime fondatrici di rifugi per donne vittime di violenza Erin Pizzey, “sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi. […] Vidi le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali rifugi. Osservai i “gruppi di consapevolezza” progettati per plagiare le donne e farle credere che i loro mariti fossero nemici da sradicare. […] Milioni di uomini e bambini hanno sofferto nelle mani di questo malvagio movimento femminista”.

Dall’altra parte ci sono le leggi e le istituzioni che devono aiutare e proteggere le donne maltrattate. C’è bisogno di un piano nazionale contro la violenza, e di fondi per assicurare i servizi alle donne abusate. Il quadro politico e giuridico frammentario e la limitatezza delle risorse finanziarie per contrastare la violenza sulle donne, infatti, è uno dei punti deboli.

Negli ultimi anni ci sono state tante campagne di sensibilizzazione delle istituzioni sul territorio, eventi, raccolte fondi e sensibilizzazioni nelle scuole, pubblicazione di materiale di sensibilizzazione e formazione. Il 14 febbraio 2013 in occasione del evento One Bilion Rising un miliardo di donne e uomini di 189 paesi del mondo balleranno insieme in nome della consapevolezza e della solidarietà, protestando contro la violenza. “Un miliardo di donne violate è un’atrocità” sostiene Eve Ensler, l’ideatrice di questo evento, “un miliardo di donne che danzano è una rivoluzione”.

In attesa della giornata internazionale della donna del prossimo 8 marzo, i politici che regalo ci faranno?

“La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. E forse è la più pervasiva. Non conosce limiti geografici, limiti culturali o di ricchezza. Fintanto che continua non possiamo dichiarare di fare reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace.”-  
Kofi Annan

Daniela Butcu | @danib1977


Pensieri

Società moderna e indifferenza: l’ottundimento della #solidarietà

“Solo me ne vò per la città
passo tra la folla che non sa
e non vede il mio dolore….”
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Ho avuto in mente i versi di questa canzone per tutto il week-end. Mi sono venuti spontanei mentre passeggiavo in mezzo alla folla cittadina; cosi come il famoso “cantante senza pubblico” delle Iene che entrava di sorpresa a varie manifestazioni per rubare la scena ai protagonisti, io avevo la sensazione di essere assaltata da tutte le parti da tanti “menestrelli” in cerca di attirare pubblico con i loro versi.

Avrei voluto in ritmi di swing filarmela e tornare a casa mia. Ad ogni angolo di strada c’è qualcuno che ti chiede qualcosa. Ragazzi e giovani che ti fermano amichevolmente per chiederti una firma contro la droga, signore di mezza età con in mano sacchi di arance per raccogliere donazione per la ricerca contro il cancro (che fra altro è una bella iniziativa), signori in pensione con in mano manifesti con su scritto “Ma siam pazzi!??” che ti vogliono dalla loro parte contro l’implementazione dell’ inceneritore, i ragazzi stranieri che ti vogliono vendere accendini e fazzolettini.

Anche loro si sono evoluti. Hanno una nuova tecnica di marketing, non ti dicono il prezzo che vogliono ma lasciano a te la scelta (forse perché hanno capito che comunque il prezzo che ottengono è sempre sopravalutato rispetta al valore dell’oggetto che ti offrono). E la lista continua. C’è veramente di tutto per le strade della città, ognuno utilizza il suo metodo, uno più ingegnoso dell’altro. Se per caso ti capita di dover fare due tre volte “le vasche”, ti fermano ogni volta e cosi ti tocca di riempirti di manifesti oppure di doverti scusare e spiegare che sei già a conoscenza.

In questa giungla metropolitana, assaltati da persone ed informazioni, ci sentiamo “attaccati” e
quindi diventiamo più chiusi rispetto al prossimo e non vediamo più i dettagli, non distinguiamo più chi veramente ha bisogno di aiuto. Diventiamo più immuni ai suoni, alla gente che ti tocca, ti ferma, ti guarda solo perché si scatena una specie di reazione di autodifesa. E ci lasciamo andare in atti quotidiani meccanici che ci portano a distaccarci dall’ambiente e dal prossimo, e implicitamente dal mondo.

Almeno a me è successo questo. Me ne sono accorta che ogni volta che uscivo dovevo fare tanta fatica per non dissociarmi dagli altri ed entrare in una specie di trance fino alla fine della strada dove potevo entrare in qualche angolo e godermi un momento di pace. Mi è capitato di non vedere situazioni che meritavano il mio interesse oppure di non dare una mano a qualcuno che aveva bisogno di aiuto.

Stiamo diventando più distaccati emozionalmente dagli altri e questo ci crea un disinteresse anche per il mondo, per la società. Ci lasciamo coordinati dal desiderio di non essere disturbati o coinvolti in nessun modo nelle faccende/ lotte dei piccoli gruppi o delle singole persone.

Tutta la nostra indifferenza ha come base il fatto che non ci informiamo abbastanza e cosi non
riusciamo a scegliere secondo criteri validi nell’ immensità di richieste/ offerte/ informazioni/
gruppi/ movimenti/ cause sociali e cosi via. In questo modo non riusciamo a trovare un senso per farci coinvolgere, agire, aiutare, non riusciamo a trovare un senso alle relazioni sociali e poi ci lamentiamo di essere troppo annoiati. Alla fine smettiamo di comunicare e di essere in sintonia con il prossimo e con il mondo.

La strada è la fotografia fedele della nostra società, popolata da tanti passanti indifferenti e distratti dove ciascuno passa vicino al suo prossimo come si passa vicino ad un muro. Non dobbiamo fare dalla nostra indifferenza un modo di relazionarci con il mondo, ma usiamola solo come un piccolo momento di riflessione. Un momento silenzioso per indagare, per farci un’opinione e per tornare sulla strada cambiati e con idee che ci appartengano e non guidate dai canoni convenzionali, dalle regole sociali standardizzate o dalle suggestioni collettive.

Chiudo la mia riflessione con una citazione di A. Gramsci:

L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia
inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica.

Daniela Butcu | @danib1977

Pensieri

Opinione sulle opinioni

Che cosa vuol dire avere un’opinione? Non vuol dire niente se l’opinione non ci appartiene. Inizio questo post proponendovi già la conclusione dei miei pensieri. Però questa è solo la mia opinione.

Leggiamo i giornali, ascoltiamo in televisione tanti politici, giornalisti, personaggi famosi, vip con le tette finte che hanno opinioni su tutto, su come mangiare, su come vestirsi, su cosa pensare di una persona o dell’altra, su cosa è giusto fare o come sia corretto rispondere in una certa situazione. Insomma su tutto quello che è legato alla nostra esistenza. E così le nostre opinioni sono uno specchio dei punti di vista altrui.

Ci sono perfino i commercialisti che invece di occuparsi del tuo bilancio passano il tempo a scrivere trattati di filosofia riguardanti l’amicizia fra uomo e donna. Che poi si inseriscono nella politica propagandando l’idea che il futuro di una città stia nella creazione di un polo di lusso. E la gente li vota, perché loro hanno tutto sommato un’opinione. 

Dobbiamo cambiare prospettiva, il modo di vedere le cose creando un parere che ci appartenga veramente, basato sulla nostra conoscenza. La domanda è: siamo noi che scegliamo, secondo le nostre convinzioni oppure ci lasciamo abbindolare da quello che ci viene dato già pronto?
Su cosa effettivamente si basano le nostre scelte? Dopo tutti questi anni siamo nella stessa situazione di crisi, di scontentezza e pessimismo, eppure continuiamo a non avere una opinione.

Tante persone non vogliono più pensare, analizzare e sopratutto prendersi la responsabilità di una scelta individuale, mettendo la firma su una scelta basata sulle idee che ci vengono trasmesse dagli altri e non secondo la loro analisi. Lasciano tutto nelle mani di quelli avidi di potere, che il potere se lo prendono, mica lo guadagnano.

Negli ultimi anni si è visto un disinteresse generale, un disaffezione per la politica, mi sembra che la gente prende tutto con leggerezza lasciandosi irretire dalle parole di chi grida di più.

Siamo più attirati dalla frivolezza, dal pettegolezzo, dagli show televisivi dove regnano gli insulti, perché tutto quello che stupisce in maniera negativa e che fa scalpore ci fa indignare: così sprechiamo il nostro tempo pensando a cose futili.  Perché quando siamo stupiti ed adirati possiamo esprimere una nostra opinione. E’ cosi semplice e non c’è neanche bisogno di fare uno studio concreto, di informarsi per poter capire con la propria logica quello che sta succedendo.  Conta tanto il trend, siamo anche un po’ snob ed abbiamo paura di quello che potrebbero dire gli altri se pensassimo o agissimo in maniera differente.

Dobbiamo capire che nulla tornerà come una volta e che ora più che mai dobbiamo aprire il cuore e la mente ai cambiamenti culturali, a quello che è diverso, dobbiamo imparare ad ascoltare, analizzare e farsi delle domande. E da qui iniziare a dare delle risposte che ci appartengano veramente e non imposte da opinioni altrui.

Mi viene in mente un vecchio koan japponese che parla di un professore universitario che si recò un giorno da un maestro zen e gli disse:

“Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i suoi principi ed i suoi scopi”.
“Posso offrirti una tazza di tè?” gli domandò il maestro. Ed incominciò a versare il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.
Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. “Non vedi che la tazza è piena?”
“Come questa tazza” disse il maestro “anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture, perché le si possa versare dentro qualcos’altro. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.

Siamo in un periodo di transizione. Credo che sia arrivato il momento di buttar via le vecchie credenze, anche quella che è sempre la colpa dei politici corrotti. Lasciar stare i rimpianti, i rancori e chiedersi che cosa possiamo fare nel nostro piccolo per portare un cambiamento.

Io dico, iniziamo dall’avere una nostra opinione. Partiamo da un concetto di filosofia nietzschiana, pensando ad un mondo fondato sull’esistenza dell’eterno ritorno. Pensare che un domani tutto si ripeterà, che potremmo rivivere infinite volte quello che abbiamo già vissuto nel passato. E tutto quello che apparentemente ora ci sembra leggero potrà avere un peso significativo sul futuro.
Che tutto ciò che non abbiamo approfondito e studiato, le nostre indecisioni e le nostre posizioni potranno diventare un peso insopportabile.

Per questo bisogna esserci ora, cogliere l’occasione per poter capire, analizzare e farsi una propria opinione.

Daniela Butcu | @danib1977


Opinion about opinions

What does it mean to have an opinion? It doesn’t mean anything if that opinion doesn’t belong to us. I’m starting this post by giving your the conclusion of my thoughts. But that’s just my opinion.

We read newspapers, we watch TV and listen to many politicians, journalists, VIPs and famous people with fake tits who have opinions about everything, about how to eat, how to dress, what to think about one person or the other, on what’s right to do or how it would be right to answer in a certain situation. On everything that is related to our existence. And so our opinions are nothing but the mirror of somebody else’s point of view.

There are even accountants who instead of taking care of your balance, spend time writing philosophy treaties about friendship between man and woman. Who then go into politics and spread the idea that the future of a city is in the creation of a luxury area. And people vote them, because after all they have an opinion.

We need to change perspective, the way of seeing things by creating an opinion that is truly ours, based on our own knowledge. The question is: is it us who choose, based on our convictions, or do we let ourselves fooled by what is given to us already chewed?  What do we really base our choices upon? After all these years we’re in the same situation of crisis, unhappiness and pessimism, and yet we continue to not have our own opinion.

Many people don’t want to think, analyze and take responsibility for their individual choices, by putting the signature on a choice based on ideas that are given to us by others and that are not the result of their own analysis. They leave everything in the hands of the greedy of power, the ones that take the power for themselves and don’t do anything to earn it.

During the last few years we’ve seen a general disinterest, a lack of affection for politics, I feel like people take everything lightly by letting themselves fascinated by the words of whoever shouts the loudest.

We’re more and more attracted by gossip, by tv shows covered in insults, because whatever amazes us in a negative way makes us angry: so we waste our time thinking of useless things. Because when we’re stunned and angry we can express our opinion. It’s that easy, no need for studies in order to understand what’s going on. The trend matters, we’re a little bit snobs, and we’re afraid of what others might say if we think or act differently.

We really need to understand that nothing’s going to go back to how it was, and now more than ever we must open our hearts and minds and be less suspicious about cultural change, to what’s different, and learn to listen, analyze and ask questions. And from here start to give answers that truly belong to us and are not imposed by others’ opinions.

Daniela Butcu | @danib1977

Pensieri

Lo scarabeo stercorario

Nove e venti di mattino. Di un qualsiasi mattino lavorativo della settimana. La vedo mentre giro a sinistra sulla stradina di casa mia. Oggi vado al lavoro con calma. Lei bellissima, capelli lunghi appena uscita dal parrucchiere, vestita da ufficio, tacchi alti. Mi taglia la strada e la lascio passare guardandola con ammirazione. Penso tra di me: un altra persona che e’ padrone di se stessa e se la prende con calma oggi.

In una bellissima giornata di autunno, bisogna accogliere la stagione con lo spirito giusto, quindi per una volta ogni tanto prendersela con calma per andare in ufficio fa bene. 🙂

Ad un certo punto, lei si infila due ditta in bocca e stacca un foglio dal mazzo di volantini pubblicitari che aveva nell’altra mano e lo infila nella cassetta postale della villetta accanto.

Cosa c’e’ di strano in questa scena che ho davanti? Certamente c’è una grande contraddizione fra cioè che rappresenta l’immagine della donna per come appare e ciò che fa. Per come siamo stati abituati nell’andamento della società, a posto suo avrebbe dovuto essere un ragazzo extracomunitario con lo zaino sulle spalle e non una signora di mezza età molto curata con i tacchi alti.

Il mondo sta cambiando dicono tutti ultimamente. La crisi è forte e bisogna adattarsi a tutti questi cambiamenti. Molti imprenditori sono riusciti ad adattarsi alla crisi, adottando varie tecniche di sopravvivenza. Una di queste è stata quella di non assumere persone nuove, di non esternalizzare più i vari servizi. Si è scelto di rimboccarsi le maniche e fare alcuni di questi lavori, come potrebbe essere il caso della signora che mi ha attirato l’attenzione stamattina.

I cambiamenti forti potrebbero essere un passo avanti anche per scoprire nuove strade, ma potrebbero anche farci perdere di vista la strada che vogliamo seguire solo perché bisogna adattarsi per sopravvivere. Ci capiterà tante volte dover fare cose che non ci piacciono, dover vestire i pani che non sono adatti a noi, ma se tutto quello che facciamo ha uno scopo ben preciso non bisogna vergognarsi, ma crederci e non mollare.

Si deve continuare a lottare per creare quello che si vuole essere. Quello che vogliamo essere c’è scritto dentro di noi e come diceva Murakami,  “forse il modo migliore di vivere la vita e’ fare la cosa che ti riesce meglio.” 

Avete mai pensato, cos’è che vi riesce meglio di qualsiasi cosa?

Mi viene in mente l’immagine dello scarabeo stercorario, un’ immagine che l’anno scorso l’ho tenuta come sfondo del dekstop nell’ufficio dove lavoravo.

Perché?

Perché semplicemente mi ispirava e mi motivava la mattina quando accendevo il pc. Il lavoro che facevo non mi piaceva, l’ambiente era sotto le mie aspettative e cercavo di sopravvivere.

Ma cos’ ha di speciale uno scarabeo stercorario?

Uno scarabeo stercorario crea pallottole di sterco, mi risponderete voi.

Si, ma lo fa per poter trasportare più facilmente il cibo verso il suo nascondiglio. Le pallottole di sterco servono come riserva di cibo o come protezione delle uova.

Ma una cosa speciale dello scarabeo è che trasporta la sua pallottola lungo una linea retta orientandosi attraverso la luce emessa dalla Via Lattea. E se incontra un ostacolo cerca di superarlo scavalcandolo, senza cambiare direzione.

Io ho sempre pensato a lui in questi mesi, a come rottola la pallina di “merda” convinto del suo obiettivo e malgrado tutto non cambia mai direzione.

Adesso ho rinunciato al mio lavoro, era arrivato il momento. L’obiettivo l’ho sempre avuto nella mente e come lui, ho dovuto rotolare la mia pallina, ma almeno so che sono sulla strada giusta.

C’è ancora tanto lavoro da fare, ma almeno ho fatto la mia scelta.

Questa è solo una storia, oppure l’inizio di un’altra…

 Però, ditemi voi, non è carino?

scarabeo

 

Pensieri · Romanian language

Scrisori

Totul a inceput cand aveam 17 ani, eram inca la liceu. Clasa in care studiam era mereu aceeasi, laboratorul de fizica, o incapere enorma, cu o catedra unde se ajungea urcand doua trepte. Catedra era un birou care se intindea pe toata latimea clasei si avea cam 4 metri largime, plin de sertare. Ce se afla in acele sertare? Intr-o dupa-amiaza cand profesorul de fizica care ne era si diriginte de altfel, nu era prezent, unii dintre colegi au decis sa controleze prin sertare, in cautarea unor secrete de care apoi sa radem intre noi si de ce nu, sa povestim si altora, care ca si noi, nu il placeau prea mult. Multe am gasit si mult am mai ras pe seama lui, dar asta e alta poveste, nu depre profesor voiam sa va povestesc.

Mi-a fost mereu interzis sa imi bag nasul in lucrurile altora, mi s-a explicat inca de mic copil ca era un lucru gresit. Insa vazandu-i pe ceilalti colegi asa entuziasti, inpinsa de curiozitatea descoperirii cine stie caror comori, am deschis si eu primul sertar din partea stanga a catedrei. Imi amintesc perfect locul  pentru ca apoi a trebuit sa ma intorc de cateva ori si sa deschid acel anumit sertar. In acel sertar am gasit cateva scrisori, frumos impachetate pe care nu am rezistat si le-am ascuns in buzunarul geciii fara ca nimeni sa observe.

Mai tarziu, ajunsa acasa, cand toti dormeau, impinsa de o curiozitate nemarginita le-am deschis pe rand si le-am citit. Si apoi le-am recitit. Era vorba de corespondenta dintre un profesor (nu al nostru) si o femeie, nu imi amintesc exact daca era o fosta eleva, insa in acele randuri, doua persoane isi deschideau sufletul una in fata alteia, si era asa o portivire in cuvintele lor, o aliniere perfecat a cuvintelor, care nu erau neaparat de dragoste, dar de incredere, respect si sinceritate. Ea i se destainuia cu dragoste si dor, el ii scria simtirile de fiecare zi, cu o simplitate fascinanata. Mi-a fost rusine , ca eu, un spectator neanuntat, mi-am bagat nasul in intimitatea lor si chiar daca nu ii cunosteam m-am simtit vinovata. Drept pentru care, a doua zi, pe ascuns, am pus scrisorile locul lor.

Dupa cateva zile insa, gandul imi era mereu la randurile citite, eram curioasa sa stiu cine sunt cei doi interlocutiri, ce sentimente ii lega, cum reuseau sa scrie atat de frumos, ce ii inspira pe acei doi oeameni, si cum de acele scrisori care datau cu 20 de ani in urma, se aflau acum abandonate intr-un sertar al unui birou dintr-o clasa de liceu. Gandul acesta ma intrista nespus, as fi vrut cumva sa pot proteja acea comoara care risca sa se piarda,  gasita de altcineva care ca si mine, putea sa is bage nasul in acele sertare.  M-am gandit mult la cei doi, la povestile lor, imi imaginam ca era o poveste de iubire care se terminase prost, sau ca una din persoanele care le-a scris poate nu mai era..

Asa ca dupa cateva zile, le-am cautat, erau acolo, nemiscate. Le-am luat din nou casa si le-am recitit. Aveam senzatia de a a ma intoarce in timp si de a vedea cu ochii mei o bucatica de istorie, un fragment de viata adevarata. Scrisorile acelea, prin frumoseatea si sinceritatea cu care erau scrise, m-au impresionat nespus de mult.

Nu stiu ce influenta au avut asupra mea, dar cred ca mi-a placut mereu si mi-a fost de altfel, mult mai usor, sa imi exprim gandurile pe hartie. M-a fascinat faptul ca poate peste zeci de ani, cineva ar deschide randurile scrise de mine si le-ar citi imaginandu-si ca o data demult, exista cineva , care traia, scria, simtea si iubea in aceleasi locuri in care acum nu mai e nimic, decat cateva randuri….

Peste ceva timp am depus scrisorile la locul lor, nu imi apartineau si poate totusi cineva le cauta. Insa nu am rezistat si am pastrat aceasta mica parte, fara semnatura si care parea ca nu apartinea niciuneia dintre scrisori:

lettera inizio

Mi-a placut mereu sa primesc epistole de la amici, prieteni, iubiti. Scrisorile au fost mereu pentru mine o expresie a eternitatii, cuvintele profund gandite, revizuite si trimise erau pentru mine o imagine a perfectiunii exprimarii unui sentiment, oricare ar fi fost acela, de prietenie, iubire, ura. Era ceva autentic, gandit, o expresie a starilor sufletesti care te indeamna iperios la crearea unei lumi proprii, desprinsa de realitatea legilor create de ceilalti. O realitate virtuala, care rezista fortei distrugatoare a timpului care poarta totul spre exterminare si uitare. Scrisoarea ne da poate iluzia ca ceea ce suntem si simtim va ramane pentru totdeauna.

Sufletele au un fel al lor de a se exprima, un fel special de a se intelege, de a se intrepatrunde, inainte ca fiintele noastre incurcate in cuvinte sa poata sa se atinga, exista o arta a tacerii nu mai putin insemnata ca cea a vorbirii, dar care sta la baza comunicarii intre fiinte.  Insa cuvintele sunt cele care rezista in fata furiei timpului, cuvintele scrise ne vor reaminti mereu ceea ce poate suntem tentati sa negam sau sa uitam.

prietenie

Fiecare fiinta omeneasca ascunde insa, in adanca ei intimitate, cu o nestapanaita pudoare, cel putin o taina, experienta unei dorinte sau a unui fapt, ceva nespus si inexprimabil. Acolo, in nemarginita intimitatea a sufeltului fiecaruia se intrepatrund sufletele, in locul in  care sunt lucruri care nu se marturisesc. Acolo se nasc prieteniile, iubirile. sau se distrug sentimente, dar nu fara a lasa urme. Scrisoarea porneste tocmai dintr-o necesitate de comunicare a sufletelor, si dainuie peste faptul ca noi oamenii, suntem gata sa uitam ceea cea am spus sau am facut altadata.

Am pastrat mereu cu sfintenie toate scrisorile pe care le-am primit. Din cand in cand recitesc randurile pe care mi le-a scris mama mea cand am implinit 24 de ani si ma emotionez nespus. Scrisoarea, ca si fotografia exprima o stare de spirit, un sentiment care ramane poate imutabil in timp, dar in momentul in care revezi si recitesti o declaratie, ti se pare ca o retraiesti intens ca prima oara. Scrisoarea este si un mod de a-ti reaminti…cine esti sau poate, cine sunt cei care iti stau alaturi. Cum spunea mama, uneori nu doar gesturile conteaza dar si cuvintele isi au rostul lor.

mama

Scrisorile…le gasim uneori in vitrinele muzeelor, o marturie a existentei unor personalitati, a gandurilor si ideilor care au o anumita importanta pentru omenire.

Scrisorile, marturie a ideilor schimbate intre marii artisti, filozofi ( a se vedea scrisorile lui Cioran catre prietenii sai, scrise in momentul publicarii primei sale carti in Romania, Pe culmile disperării). Scrisorile lui Cioran nu au doar o valoare istorica si documentara, dar eu sunt scrisori pline de pasiune, agresive sau tinere si pline de afectiune, in care dialogul privat e insotit de o retorica filozofica, sunt de asemena o cautare a stilului poetic a lui Cioran. Citindu-le reusim sa intelegem atat omul cat si folozoful Cioran.

Cum spunea Cioran: “…lirismul este o expresie barbara. Aici sta de fapt valoarea lui, de a fi barbar, adica de a fi numai sange, sinceritate si flacari.”

Fiecare rand primit de la cineva sau scris si trimis lasa o amprenta a ceea ce simtim la un moment dat, a ceea ce gandim, fiecare rand exprima un protest, un juramant, o idee, lucruri pe care poate atunci cand suntem impreuna cu cineva poate nu le mai putem spune…

Pensieri

Sul passare del tempo

image

Un giorno qualunque…una data che per me ha un  significato. Un certo significato. Per qualcun’ altro è una giornata di felicità, per me non lo è. Un giorno di amarezza e tristezza infinità. Un giorno che fa parte del passato ma continua nel presente a portarmi sofferenza. E so di certo che sarà cosi per sempre.

Fa parte della vita, si dice sempre. E’ tutto passato. Il nuovo regna sul mondo, sulla vita, su tutti.

Il nuovo arriva dopo un periodo di transizione, che è sempre impercettibile, quasi sempre. A volte scoppiano le guerre, qualcuno muore, ci sono cambiamenti radicali. Il nuovo prende sempre il posto del vecchio, il presente diventa passato e noi cambiamo. Ci trasformiamo con il passare del tempo  dimentichiamo poi il male e lo sostituiamo con il bene. Il bene dato da un evento felice, da uno sguardo e un sorriso che poi diventa quotidianità, dalla nascita di un nuovo amore.

L’amore è quasi sempre il principio che muove il mondo, i nostri cuori, l’umanità anche è cambiata spesso nel nome dell’amore.
Ma anche gli amori cambiano col passare del tempo, noi cambiamo. Gli amori vanno e vengono. E quello che rimane di tutto ciò sono piccoli granelli di sostanza impercettibili e strisce di energia che utilizziamo per andare avanti generazione dopo generazione.

Ci nutriamo dell’eredità lasciata dai nostri antenati, di ricordi, di storia, di energia che troviamo in tutto quello che ci circonda e che creiamo. Di natura, di sole, calore, aqua, verde, musica, pioggia, amici, poesia, sogni, desideri, amicizie, passioni…Ricordiamoci sempre che il nostro tempo è limitato, facciamo in modo che possiamo utilizzare al meglio tutto e lasciare in questo mondo un granello di energia che possa contribuire alla continuazione di questa catena chiamata vita.

Pensieri

Un albero

C’era una volta un albero dove tutti gli uccelli si davano incontro per partire verso nuovi orizzonti. Lui era li da secoli all’incrocio fra i mondi. Li c’era il confine fra la vecchia e la nuova vita.

Quando ero a liceo, alle ore di psicologia sono venuti dei psicologi per farci dei piccoli test comportamentali. ci hanno fatto disegnare un albero, cosi come ce l’ho immaginavamo noi. Alla fine del test ci hanno fatto una piccola descrizione di noi stessi, in base al disegno che avevamo fatto. Il mio albero era bellissimo, con i rami fitti e ben sagomati, con tante foglie, molto curato.
Però c’ era una cosa essenziale che mancava.

Il mio albero non aveva radici, il che vuol dire che non avevo ancore sulla terra, nella tradizione e nella famiglia. Sta di fatto che e’ cosi, non sono mai stata attaccata alla mia famiglia, ho sempre disobbedito e ho sempre cercato orizzonti lontani pur amandoli tanto.

In questi giorni mentre ero in giro con il mio blocchetto per i disegni, ho provato a ridisegnare il mio albero. e pur sapendo che ogni albero deve avere radici, io l’ho fatto senza, o quasi. L’ho fatto con il cuore, ora il mio albero ha le foglie, i frutti, gli ucelli, ma non riesco a disegarli le radici.

Cos’ è che ci fa capire quand’ è il tempo di fermarsi e “mettere radici”? Oppure e’ meglio spiccare in volo e cercare sempre di volare più in alto? Pure gli uccelli migratori vano e tornano sempre nello stesso posto, a casa.
Ci saranno forse anche altre tipi di uccelli, che volano sempre più lontano? E cosa si fa quando le ali si stancano?

Vinodh V - Bangalore
Vinodh V- Bangalore
English · Pensieri

About the courage and the freedom to change

“I’ve always hated this country and today even more because it doesn’t have respect for its children. But I’m not leaving out of hate; I’m leaving because I hope that one day my son understands that we will be living better. I think this is the most difficult moment of my life.”

These are the words of a friend of mine who dreamt all her life to change her country, to find the right place for her and now she finally decided to take the big step. It is never too late to change, if this is what we want.

But what does change mean if not a metamorphosis, a growth and development of oneself. Everything around us changes continuously, nature, time, costumes, everything evolves, everything transforms, growing or dying. Change is the essence of life itself. So, why does change make us so afraid, why do people do just about anything not to change?

There are many situations in which we reject change and continue to cling on to things, people, situations, and memories. We often see women who stay in unhappy marriages for years, even “accepting” domestic violence. A lot of people have jobs that they don’t love, only to have a “safe job”, living each day knowing that they are not in the right place and stealing that job from a person who is maybe better suited for that situation. They remain in wrong places, only because they believe they cannot do otherwise and are frightened by the idea of starting from the beginning, to study, to learn a new craft, to do something they really love.

To face change means to have the courage to choose the right thing, even if it is the hardest way. We should choose to free our force and to jump into life. The meaning of all things is in the heat of transformation, the road that we must travel and the desire for knowledge. How we live change is up to us.

Thus, the courage to change is also an act of love towards ourselves, it is the desire to pursue our dreams. Because in everything that happens, we often forget one essential thing: ourselves and the dreams we hide inside of us. In our long journey we forget that the excitement and the thrill of something true show us the way to follow, step by step.

In this time of crisis we are going through, more than ever, we need to pull out the resources we have within us and we may have left lying in the depths of our hearts. Certainly it will be difficult to change, even for the sake of the old mentality that still is present in each of us. “Liberation, if it really is important to us,” wrote E. Cioran, “must start from ourselves: it serves no purpose to look elsewhere, in a ready-made system ​​or in some Eastern doctrine.”

We are the mirror of what we repeatedly do, therefore, let’s keep training on this, the desire to feel free to pursue our dreams. No positive change will occur in our lives as long as we cling to the thought that the reason preventing us from living well is outside of us. Until we will stop blaming those who treat us unfairly, like an abusive husband, a demanding boss, situations of social constraint and limitation, the situation will not change. We alone are responsible and the key lies in ourselves, because we all have the freedom and the power to choose.

I close with the verses of the song “People Have the Power” by Patti Smith, which is a true anthem dedicated to freedom:

“LISTEN

I believe everything we dream

can come to pass through our union

we can turn the world around

we can turn the earth’s revolution

we have the power

People have the power …”

by @danib1977

E se volete leggerlo in italiano vi rimando al link originale dove è stato pubblicato inizialmente su Intervistato.com

Buona lettura e mi farebbe piacere avere i Vostri feed- back.

Grazie!

Pensieri

Sogno e riflessioni su quello che ci manca

Stanotte ho sognato che dalla bocca mi uscivo un filo lungo, tiravo ma usciva un pezzo e ce n’era ancora, piccoli fili con nodi che man mano uscivano ed io continuavo a tirare.

Sembravano senza fine ed io tiravo ancora. Ad un certo punto avevo la sensazione che c’era qualcuno dentro di me che man mano produceva questo filo lungo ed io ero disperata perché non riuscivo a tirarlo fuori di me. Cosi continuavo a far uscire questo lungo filo ed ad un certo punto è uscito fuori un piccolo animaletto ma non riuscivo a vedere cos’era, perché rimbalzava dappertutto. Io continuavo ad inseguirlo tenendo in mano il filo al quale era sospeso. Ad un certo punto si è fermato, entrando in un piccolo nascondiglio e dopo qualche secondo è uscita fuori una piccola tigre.  C’erano anche i miei parenti che provavano a prendere questo cucciolo che con una velocità incredibile cercava di scappare per non farsi prendere. Cosi mi sono avvicinata e l’ho preso in braccio accarezzandolo. Ed allora lui si è fermato.

Il sogno si ferma qui.

Mi sono svegliata e la sensazione che avevo era di pace con il mondo e con me stessa. Nascondiamo dentro di noi un intero mondo costruito di piccoli capitoli, come un libro. Le fasi della nostra vita sono legate fra di loro con piccoli nodi che rappresentano i periodi di transizione. Siamo in continua trasformazione come una crisalide che percorre una lunga strada per trasformarsi in farfalla e volare nel mondo. La nostra vita e come un mosaico fatto di piccole pezzi di mille colori che sono le nostre esperienze, le nostre credenze, i nostri ideali, sogni, convinzioni. La nostra vita la costruiamo noi, trasformandoci di continuo fino ad arrivare a dare  al nostro ambiente e a noi stessi la forma che vogliamo.

“L’uomo non è una forma fissa e permanente […], ma un tentativo, una transizione, un ponte stretto e pericoloso fra la natura e lo spirito.” (Hermann Hesse, Il lupo della steppa)

Ci saranno sempre quelli che cercheranno di cambiarci, come i familiari, i professori, gli amici, ma la forza sta nel accettare noi stessi, imparare a conoscersi e a credere nelle proprie forze e sopratutto a capire quello che vogliamo diventare.

Questa sarebbe una descrizione metaforica del mondo interiore che c’è in ognuno di noi. Ma siamo comunque integrati in un contesto sociale che in funzione delle sue fasi ha su di noi una grande influenza.

Come ognuno di noi è in continua trasformazione, cosi anche la società ha le sue fasi di transizione.  Lo stadio attuale della società non è una condizione finale e definitiva, come il punto d’arrivo di un processo di sviluppo, ma è in continua transizione.  La domanda da farsi è: in che stadio è la società oggi? Che cosa manca in questo momento per risolvere i grandi problemi della crisi che c’è in ognuno di noi? La crisi è a livello mondiale e non è non solo economica e finanziaria; ma cos’è che accomuna a livello globale tutti i paesi in crisi?

I lamenti più comuni sono sulla politica, su quelli che ci guidano e che dovrebbero trovare soluzioni per migliorare la società. Ma la politica è fatta di persone, uomini con certe qualità e difetti, con un bagaglio di conoscenze, di esperienze.  Perché non provare ad analizzarli uno ad uno, fare una statistica e un profilo di ciascuno? E’ una cosa poco probabile da poter realizzare ma certamente bisogna capire bene le persone che formano un gruppo/ partito prima di affidarli un compito cosi grande, quella di governare una società.

La mia sensazione, certamente rapportata alle mie esperienze con le persone, a quello che mi circonda e che quello che manca oggi sono i rapporti umani veri, fatti con il cuore non con interessi che ci guidano. C’è una certa incertezza nel modo di relazionarsi sia da uomo a uomo che nel confronto delle varie organizzazioni, nei confronti dei media e cosi via.  L’ autenticità dei rapporti, questo penso che sia prima di tutto quello che manca a ogni singola persona e implicitamente alla società.

Pensieri

Il primo post del 2013

Ho trascorso le feste natalizie ed il capodanno accudendo una cavalletta che stava immobile sul muretto del mio ufficio da quasi un mese. Cosi l’ho portata a casa nella sua nuova casetta gialla di cartone. Mi sono lasciata coinvolgere quando ho visto il piede della mia collega che colpiva con forza, staccandola dal muro e lasciandola in mezzo al marciapiede.

Ma dopo due giorni lei era immobile nella stessa posizione. Cosa mai sarà, è solo una cavalletta, mi sono detta, loro non vivono nell’inverno sarà quasi morta.

CAVALLETTA

Informandomi rapidamente su google, ho capito che ci sono specie di cavallette che vivono anche due anni e cosi ho deciso: perché non regalarli un’altro anno di vita?

L’altro giorno, dopo qualche settimana nascosta nell’albero di Natale, l’ho rilasciata, perché si era svegliata e aveva tanta voglia di saltare, attirata dalle luci della tv.

Speriamo sia rimasta vicino, non si sa mai se le temperature scenderanno di nuovo sotto zero gradi.

Ieri notte ho sognato che stavo parlando con una farfalla, chiedendo indizi su come trovare una specie di cavalletta super-potente, che riusciva con la stessa velocità volare, entrare nell’acqua ed addirittura materializzarsi all’improvviso.

Ma a me i sogni strani non mi mollano mai. E cosi ho trasformato questa mia caratteristica in un hobby, l’interpretazione dei sogni.

Questo sogno mi ricorda un mio sogno ricorrente, dove io ho il potere di volare ed anche entrare ed uscire dalle stanze di una casa enorme de-materializzandomi e passando fra i muri. Ma a volte certi sogni non riesco ad interpretarli.

Dovrei iniziare a scrivere libri per bambini? L’immaginazione non mi manca di sicuro.

Mi sono svegliata stamattina e ho la febbre ed il raffreddore. Ecco, i primi pensieri di questo anno. Fare un salto e tuffarmi in profondità come la mia cavalletta,  godermi la vita, l’essere me stessa e tutte le opportunità che andrò a cercare o  mi saranno regalate dalla fortuna. Spero che sia un anno di apertura e collaborazione, diverso da tutti gli altri trascorsi su terra italiana.

Buon anno a tutti voi!

Pensieri

Comunicazione, collaborazione, comunità. E poi coabitare, coscrivere, co-working, co- design, co- creation, co- branding, co… co… co…

Ho iniziato questo articolo pensando alla città. Ora che vivo in un piccolo paesino sul lago, la città mi manca.  Sono arrivata a dare al mio post un titolo differente, forse perché per me la città rappresenta anche il miglior ambiente per sviluppare rapporti e collaborazioni. Insomma, la città offre più opportunità, la gente è più aperta ed io mi sento al mio agio nella giungla metropolitana”.

C’e’ chi trova la sua pace e la sua ispirazione in natura e c’e’ chi in mezzo alla folla cittadina si sente se stesso. Io faccio parte della seconda categoria di persone, che ama i rumori della grande metropoli, che non può’ fare a meno delle strade senza fine, delle vetrine, dei rumori ed i colori della città.

E viva la città!

Ma si parla più spesso ultimamente delle malattie sociali della città.

Ho sentito parlare del “social jetlag”, la malattia del nostro secolo, tipica  della società contemporanea. Tutto colpa di troppi impegni, della mancanza di riposo, delle poche ore di sonno che possono creare serie malattie sia fisiche che psicologiche.

Ma questa malattia non e’ tipica solo della città, ultimamente ci si è sempre più  impegnati indipendentemente da dove si vive, fra lavoro, figli, traffico, supermercati, uffici; e poi spendiamo anche troppo tempo per stare davanti al computer, al telefonino. Ormai siamo connessi non stop, in traffico, al supermercato, mentre camminiamo.  Abbiamo sempre bisogno di essere in contatto continuamente, condividere per forza qualcosa, ma tanta di questa comunicazione non ha sostanza. Diamo tanta di quella importanza solo alle cose che vengano condivise pubblicamente e non rimaniamo mai in silenzio per guardarci veramente dentro noi stessi.

Il paradosso è secondo me, che siamo staccati da quello che ci circonda ma sempre connessi. A cosa?

Siamo sempre di più connessi uno all’altro ma in maniera virtuale, non interagiamo guardandoci in faccia, sentendo gli odori, la voce, i gesti. Questo ci porta secondo me a perdere delle qualità  che abbiamo e che in questo modo seppelliamo.  Qualità  umane essenziali  legate anche al subconscio collettivo. Ma su questo argomento non apriamo nessuna parentesi ora, magari un’altra volta.

Alcuni diranno che acquisiamo altre competenze che in questo momento sono richieste, e più adatte al mondo in quale viviamo. Sono d’accordo, ma quante di queste competenze veramente ci servono, portano un plus a noi e alla società’?

Ma anche questo e’ un’altro discorso.

Credo che il modo in quale viviamo ultimamente ci stanca sia al livello fisico che mentale, non abbiamo più  tempo per rilassarci, per meditare, per leggere o per fare esercizio fisico, per andare al teatro o all’opera, per occuparci di noi stessi insomma.
Di noi stessi, ma anche di quelli che ci stanno accanto.
Ormai si comunica quasi solo in via telematica, (le pratiche si fanno solo online, eliminando cosi i sportelli, che è solo un bene), ma  anche con gli amici e con la famiglia tutto avviene solo online oppure tramite sms.

L’altro giorno ero ad una gara sportiva e noi donne ce ne siamo approfittate ad un certo punto del sole e del bel tempo sedendoci fuori sul prato. Guardandomi intorno vedo tutte con gli smartphone e le tavolette in mano assorbite a scrivere, leggere oppure a guardare chissà che stronzata pubblicata su Facebook.

Hai visto che ti ho scritto? dice una delle donne.

A si? risponde l’altra sbottonando veloce il suo cell.

E poi silenzio. Dopo qualche minuto si sente: – Ti ho risposto!

Pensavo che parlassero di chissà quale segreto di stato, invece stavano solo parlando di cose banali che si potevano anche condividere in una discussione di gruppo, coinvolgendo tutti quelli presenti.

Si parla più  spesso di disadattamento sociale, troppi impegni quotidiani che alla fine ci portano ad interagire con più difficoltà con gli altri, ad essere stanchi, irritati, ad essere meno simpatici, empatici.

La soluzione? Per me sta nel prefisso “co”.  Co-interessamento reale per noi stessi e per gli altri.

Quindi iniziamo a fare più sport, a mangiare poco ma buono, passeggiare, andare al teatro, interagire con gli altri per scoprire altre identità, altre facce di questo bel mondo; siamo noi che creiamo la società, quindi abbiamo cura di noi stessi! E di quelli che ci stanno accanto!

Iniziamo a trasmettere e condividere al mondo quello che siamo e ci interessa veramente.

E sopratutto focalizziamoci  nel nostro piccolo su cose concrete  vere, non perdendoci in un mondo tutto virtuale e senza contenuto vero, perché  sollo la collaborazione, lo scambio, le reti che creiamo ci portano a crescere, sviluppare, scoprire nuove idee.

Comunicazione, collaborazione, comunità. E poi coabitare, coscrivere, co-working, co.design, co.creation, co-branding, co… co… co…

Voi ne sapete altre? Quali sono le parole che danno una definizione del vostro modo di interagire con gli altri in una giornata tipo?  Via libera ai commenti.

PS: E se non ne sapete altre, potete guardare anche nel dizionario, già è un buon segno solo l’interessamento. 🙂

Penso di ritornarci su questo argomento, perché ho trovato idee interessanti su come collaborare, condividere con gli altri nella vita di tutti i giorni ma anche nel lavoro.

English · Pensieri

Linkin Park-With you. Su come creare noi stessi

 

English version at the bottom


Questo week-end abbiamo svuotato un pò la casa delle cose inutili, riviste, scatole di telefoni, varie attrezzature elettroniche, carte, ecc. E ho trovato un vecchio cd di Linkin Park, l’album Hybrid Theory.

Che fortuna, avevo voglia di ascoltare qualcosa di “nuovo” la mattina per andare in ufficio. La terza canzone dell’album intitolata “With you” mi ha risvegliato vecchi ricordi, gli anni dell’università, i timori ed i tanti pensieri sul futuro, l’ambiente universitario, gli amici, le mie lunghe passeggiate nel parco con un libro in mano.

Mi è tornato in mente anche il mio modo di vestirmi, le mie bellissime anfibie che portavo sia estate che inverno, con jeans attillati (i cosiddetti jeggins di adesso), la mia camicetta tagliata da un’abito di lino degli anni ’70 della mia mamma, che ho cucito da sola a mano, aggiungendo delle maniche lunghissime da strega :).

La indossavo spessissimo, erano i tempi in cui si camminava con l’ombelico ben in vista ed io mi sentivo fiera tutte le volte che qualcuno mi faceva i complimenti: “l’ho cucita io!” dicevo. E la gente mi diceva, hai talento! E’ tanto che non sento questa parola.

Mi dicono  brava, un lavoro ben fatto! Ma mai hai talento! Chissà  che fine ha fatto quella camicetta, dove l’ho buttata/ abbandonata/ persa. Nella vita vogliamo sempre seguire la moda, il trend, prendere le cose create dagli altri e dimenticare le cose fatte su misura, da noi stessi secondo i nostri gusti e la nostra personalità’.
Cosi smettiamo di guardarci dentro, andiamo avanti prendendo quello che ci viene offerto, prendiamo gli abiti già  pronti, cuciti dagli altri per la “massa”. Solo perché e’ la strada più semplice da prendere.

Ma arriva il momento quando quel abito ci stufa, ci sembra noioso, non riusciamo più a ricordarci cosa ci ha ispirato a sceglierlo.

E non capiamo come abbiamo fatto a rinunciare a quella camicetta che abbiamo creato da soli, come abbiamo fatto a scordarci tutti gli sforzi che abbiamo fatto per idearla, l’entusiasmo che ci invadeva il cuore mentre si intravedevano i primi risultati.

E quella vecchia camicetta ci manca, la cerchiamo e faremmo di tutto per ritrovarla.
Qualcuno diceva che la vera natura esce fuori primo o poi, non si può  fare a meno. Mi viene in mente questa citazione di Steve Jobs:

“Non coltiviamo il cibo che mangiamo. Indossiamo abiti fatti da altre persone. Parliamo lingue sviluppate da altri. Usiamo sistemi matematici che altre persone hanno ideato…Intendo dire che prendiamo costantemente cose dagli altri. Creare qualcosa è un sentimento meraviglioso ed estatico che ci riporta alla fonte dell’esperienza e della conoscenza umana”.

Creare i noi stessi con sincerità , seguendo la nostra vera natura e’ un miracolo che possiamo compiere qui ed adesso.

Eng.version:

This weekend we emptied the house a bit of useless things, magazines, phone boxes, various electronic equipment, cards, etc. And I found an old Linkin Park cd , the Hybrid Theory album.

How lucky, I wanted to listen to something “new” in the morning to go to the office. The third song on the album entitled “With you” awakened old memories, my university years, fears and many thoughts about the future, the university environment , friends, my long walks in the park with a book in but no.

I also remembered my way of dressing, my beautiful amphibians that I wore both summer and winter, with tight jeans (the so-called jeggins of now), my blouse cut from a linen dress from the 70s of my mom, which I sewed myself by hand, adding very long witch sleeves :).

I wore it very often, those were the times when you walked with your navel in full view and I felt proud every time someone complimented me: “I sewed it!” I said. And people said to me, you are talented! I haven’t heard this word for a long time.

They tell me good, a job well done! But you never have talent! Who knows what happened to that blouse, where I threw / abandoned / lost it. In life we ​​always want to follow fashion, the trend, take things created by others and forget things made to measure, by ourselves according to our tastes and our personality ‘.
So we stop looking inside, we go on taking what is offered to us, we take ready-made clothes, sewn by others for the “mass”. Just because it’s the easiest route to take.

But the moment comes when that dress tires us, it seems boring, we can no longer remember what inspired us to choose it.

And we don’t understand how we managed to give up that blouse we created by ourselves, how we forgot all the efforts we made to design it, the enthusiasm that invaded our hearts while we saw the first results.

And we miss that old blouse, we look for it and we would do everything to find it.
Someone said that true nature comes out sooner or later, you can’t do without. This quote from Steve Jobs comes to mind :

“We don’t grow the food we eat. We wear clothes made by other people. We speak languages ​​developed by others. We use mathematical systems that other people have devised … I mean we constantly take things from others. Creating something is a wonderful and ecstatic feeling that brings us back to the source of human experience and knowledge ”.

Creating ourselves with sincerity, following our true nature is a miracle that we can perform here and now.

Pensieri

Sulla bellezza

E’ incredibile come una giornata di sole dopo tante giornate grigie può caricarci di gioia e ottimismo. Bastano pochi raggi di sole, qualche nuvoletta sparsa  qua e là sul cielo di un blu infinito per farci vedere la vita in rosa, anzi in mille colori come quelli dell’autunno.

Ma siamo tutti cosi? O ci vuole un sensibilità particolare per quello che è bello e colorato? Oppure ci vuole un’inclinazione sviluppata nel tempo per poter essere ottimisti e di conseguenza guardare sempre il lato positiva della vita? Oppure si nasce cosi? Oppure dipende dalle esperienze che ognuno ha dovuto affrontare nella vita? Certo è che non posso dire che io sono sempre contenta e ottimista, ma sono una di quelle persone che hanno sempre il sorriso stampato in faccia e mi commuovo per una cosa semplice e bella, tipo un pietra di una forma interessante, oppure a vedere una bella farfalla colorata che mi vola intorno, o a sentire i trilli degli uccellini all’ improvviso in una giornata storta.

Ieri la natura mi ha messa di buon umore, quindi sono uscita a fare una passeggiata in pomeriggio e non potevo non immortalare  piccoli pezzi di bellezza e condividerli con voi.

Visto che recentemente in ufficio ho ricevuto un bel alberello posizionato proprio vicino alla mia scrivania mi vengono in mente questi versi:

Mi tieni compagnia

Ogni mattina

Di questo freddo autunno

Piccolo albero della vita.

Pensieri

Pensiero mattutino, pensiero serale (Sul lavoro negli studi dei professionisti)

Persa nei miei pensieri, sto guidando. Davanti ai miei occhi, un’ immagine che mi sta a cuore. Un stolo di gabbiani che volano insieme e le loro alli argentate sotto i raggi del sole, sono come stelline sul cielo grigio scuro del mattino.

Forse sta per piovere, anche se il sole si fa sentita la sua presenza.

Ho la stessa sensazione di questa estate, mentre guidavo verso l’ufficio una mattina sulle strade vuote. E pensavo a quelli che come me si dirigevano verso il lavoro. E pensavo anche a quelli che come me, andavano a lavorare dopo il ferragosto. Quelli che come me, di vacanze non hanno fatto e non ne faranno quest’anno, che hanno accettato un contratto per sostituzione maternità’, oppure quelli che hanno appena iniziato un nuovo lavoro e che quindi non hanno ancora maturato le ferie. Chi altro può’ essere ancora davanti alla scrivania in ufficio, oppure dentro qualsiasi processo produttivo? Certo il mondo non si può’ fermare ad agosto, ma c’e’ chi ha avuto le ferie prima oppure ce le avrà’ dopo.

Ma ce ne saranno tanto di questi sfigati che come me, le ferie non ce l’avranno quest’anno? E forse anche negli anni a venire? Che cambiano lavoro ogni anno ad agosto, che lavorano chiusi negli uffici dei commercialisti e che quindi sono condannati ad avere sempre una scadenza nuova, affollati di lavoro. Perché il datore di lavoro se può’ sfruttati lo fa, per lui è fatticoso assumere nuove persone? E’ cosi faticoso e costoso cercare nuovo personale, le agenzie voglio un 10 per cento almeno sullo stipendio annuo del nuovo assunto, il commercialista deve rinunciare alle sue vacanze per essere presente in ufficio e sostenere i colloqui, ma che fatica!

Ma che schifo e’ diventato il mondo lavorativo, che cupo e grigio l’ambiente dei professionisti iscritti all’albo che al loro tempo sono stati sfruttati e ora sfruttano te. Perché’ alla fine anche tu diventerai uno di loro, professionista con la propria attività’ e quindi ti devi sudare la tua futura libertà’ ed indipendenza. Ma io ho scelto di no sottomettermi a tale trattamento e penso che professionista si può’ diventare lo stesso, con tanta fatica ma in modo corretto e con rispetto.
Mi viene spontanea la domanda che e’ anche il titolo di una vecchia storia giapponese:

“Che ne e’ stato dei vecchi maestri? ” Cosi chiedeva un allievo al suo maestro. E questo le rispose: “Non ne ho la minima idea.” Il senso della storia era diverso, ma il significato in questo contesto e che i veri maestri/ professionisti sono rari. Ma quando ci rendiamo conto che una persona/ datore di lavoro/ insegnante non corrisponde del tutto all’idea che avevamo, non possiamo fare altro che troncare la relazione. Perché’ ci limiterà’ il futuro e ci farà’ perdere noi stessi.
Tutto quello che ci accade nella vita ci offre l’opportunità’ di trasformarsi, di imparare e di crescere. Quindi credo che per una società’ sana e’ importante ogni passo di ogni singola persona, e non solo delle persone che ci insegnano, che ci guidano ma anche di quelli che sono alle prime armi e che voglio imparare.

Il modo in quale si comportano la maggior parte dei professionisti di oggi, mi fa capire che non avremmo tanti professionisti migliori nelle prossime generazioni. Ma si può’ sempre scegliere di ribellarsi, di rifiutare certi trattamenti e far capire nel nostro piccolo ambiente che solo collaborando e condividendo si può’ andare avanti e costruire cose solide e durature. Ribellati e trova te stesso!
Un vecchio haiku diceva:

“E’ il vento della primavera
Dicono il padrone e il servo
Facciamo la strada insieme. “

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Pensieri

Autunno ben tornato!

Sono ancora sdraiata nel giardino, sulla chaise-longue. I colori sono meravigliosi, ma intorno a me stanno cadendo le prime foglie. Le pere del mio giardino sono belle mature, ma ancora acerbi. Bisogna aspettare ancora per poter raccogliere i frutti di questa stagione che sta finendo. L’autunno sta facendo la sua entrata, spettacolare come sempre: aria pulita, ancora calda, colori stupendi, il verde si combina con il rosso, il giallo, il marrone, le pioggie che ci schiariscono i pensieri. Tutto intorno cambia e ci fa pensare a cambiare.

Chissa’ magari portera’ una stagione migliore e nuovi inizi per tutti quelli che sono alla ricerca. Di un nuovo amore, un nuovo lavoro, una nuova casa o semplicemente di un cambiamento di qualsiasi natura esso sia.

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Pensieri

Guidando…ascoltando…”zappando” (magari la terra, sarebbe più proficuo)

La mattina mi piace tanto guidare, perche posso svegliarmi lentamente fino al lavoro, ascoltare la musica preferita e perdermi in pensieri vari.

Ascolto tanta musica, mi piace. Pero’ non alla radio, perche’ le radio italiane, apparte la mia preferita Virgin Radio, fanno veramente pena, qui al nord almeno. Ogni km percorso cambiano le frequenze e non si riesce ad ascoltare una canzone da capo al fine. Magari in città è diverso, ma sulle colline mantovane e bresciane è cosi. Meno male che sono attrezzata di tanti cd che ascolto a mio piacimento quando sono stufa di fare zapping con i canali radio.

Un altra cosa che non mi piace delle radio italiane è il fatto che si parla tanto, nella maggior parte di cazzate, tanti conduttori radiofonici non preparati e la musica non è attuale. Io amo la musica degli anni 70/80/90 però non si può ascoltare solo quella. Apparte le hit dell’estate che si diffondono a profusione ci sono poche novità, si ascolta di più musica italiana e ci sono artisti che in Italia non ho mai sentito nominare alla radio: 

E poi da qualche giorno sta piovendo…ma come mai che gli italiani diventano più “logorroici” quando piove?

Insomma la radio in Italia non è il massimo, ma vorrei tanto ricevere suggerimenti sulle migliori  radio da ascoltare in macchina nelle provincie di Brescia, Mantova e Verona.

Pensieri

Il cammino

Ogni mattina il ragazzo di colore raccoglieva le foglie ingiallite davanti all’albergo, una ad una su tutto il marciapede. Mi sono fermata a guardarlo, era sereno e concentrato sul  suo lavoro. Man mano tutto intorno si trasformava, sembrava che non fossimo davanti alla stazione di Brescia, ma in una bella citta’ di mare in vacanza. Io come al solito tutte le mattine,  li passo accanto e lo guardo, ha gli occhi di una brava persona.
Proseguo, 100 m più avanti ci sono le zingare che ogni giorno passegiano lungo la strada ed anche dentro la stazione con i loro bambini piccoli appena nati, chiedendo l’elemosina. Cammino ancora sollevata di averle superate, mi è capitata tante volte di essere stata insultata o inseguita. Chissà perché non ho un buon rapporto con le donne zingare…
Dall’altro lato arriva una ragazza con la pelle scura come la terra bagnata dalla pioggia. Attira la mia attenzione, perché è un mondo di colori, vestita con un un abito rosa e sandali colorati quasi come i miei. 🙂 chissa’ cosa ha pensato mentre siamo passate una accanto all’ altra? L’ho vista sorridendo.

Nell’angolo di via Dante, c’è la signora dell’edicola che ora se ci penso mi è anche simpatica, ma al inizio mi sembrava una vecchia pazza che raccoglieva dentro al suo chiosco mazzi di riviste e giornali affollatamente messi uno sopra l’altro senza nessuna regola. Ora la guardo mentre legge il giornale con un sorriso tranquillo circondata da centinaia di libri, giornali, giochi e riviste. Mi e’ stato detto che lei da sola, e’ riuscita a far allontanare dei ladri e non farsi rapinare. Bella tosta la vecchiotta! 

Proseguo ancora sulla via Corsetto di Sant’ Agata. Sorseggiando il caffè, c’è la signora bionda, ancora una  bella donna per essere una sessantenne, con le sue labbra rosse mi guarda attentamente e sorride, come tutte le mattine.
Appena giro l’angolo, davanti alla chiesa del vicolo S. Faustino, sento una musica soave, sembra che venisse dai sogni. Guardo le torri della chiesa e solo per un attimo chiudo gli occhi. Mi ricordo una piccola fotografia bianco e nero di F. Liszt, che avevo scoperto quando ero piccola nei cassetti di casa mia. La musica sembra propio quella di  Liszt, “Sogni d’amore”, ma sono solo le 9 di mattino. Sono curiosa, chi mai potesse suonare il piano cosi presto, riempiendo i cuori dei passanti di pace e malinconia. Guardo la gente che cammina veloce, ma nessuno sembra emozionato, nessuno si gira per vedere da dove arriva quella meravigliosa melodia. La mia giornata è appena iniziata, mi sento serena e proseguo. 
Adesso sono le due, il mio treno sempre con un ritardo di 5 minuti ferma e io scendo per tornare a casa. Cammino veloce, perché non mi piacciono le facce che vedo ogni giorno sulle panchine davanti alla stazione. Ho sentito anche la parola “rapina” mentre passavo, è vero in un italiano parlato con accento straniero e mi sono ricordato subito della mia amica che qualche giorno fa è stata derubata e picchiata proprio nel centro della città. 
Appena dieci metri dalla stazione mi tranquillizzo. Sorrido al vecchio  con il capello, che aspetta tutti i giorni davanti alla stazione,  sempre vestito di bianco. A volte aspetta in  piedi, a volte sta seduto e guarda ogni passante con rasserenamento. Chissà che cosa aspetta, o chi? Qual’e’ la sua storia? Mi chiedo se sta li tutti i giorni perché si sente solo oppure e’ una vecchia abitudine per chiacchierare con vecchi amici che ora non ci sono più? 
Sono arrivata alla macchina, fa cosi caldo, il sedile brucia, apro la radio metto in moto e mi sbrigo. Finalmente sono a casa e posso abbracciare chi mi è più caro al mondo.
Mi sento felice…per un attimo. Il cammino è ancora lungo.
Pensieri

Sensazioni passate e tanto "DOR"

Oggi c’è un forte vento e io mi sono svegliata presto fra tanti rumori diversi, che non sentivo da tanto. L’aria fresca che mi ha invaso la stanza, il rumore degli alberi che si ondulavano sotto la forza del vento ma il più forte, il rumore del lago con le sue onde che si frangevano sugli scogli. Cosi decisi di riaddormentarmi, tanto chi me lo fa fare a svegliarmi presto, sono in vacanza. Brutta idea, ho sognato il mio ex capo che mi sorrideva dal alto e molto soddisfatto, guidando il suo macchinone mentre io guidavo la mia macchina senza finestrini e non mi sentivo per nulla protetta. Che cosa vorrà dire tutto ciò non lo so, ma mi sono svegliata di cattivo umore.

Ora sono fuori, ferma nella nella mia macchina, ascolto Virgin Radio, e guardo i movimenti nervosi delle foglie, c’è ancora tanto vento e mi sento trasportata nel passato, in una meravigliosa estate nel paesino dei miei nonni. Passeggio sotto gli alberi di acacia avvolta nei miei pensieri, ispirando profondamente il profumo dei fiori appena sbocciati. Mi giro per guardare la casa dei miei nonni, è verde e dal tetto esce una striscia di fumo: segno che la mia nonna sta cucinando. Sento l’odore della legna bruciata, in effetti ho un pò di fame. Penso che avrei tanta voglia di andare nel giardino ed assaggiare le amarene ed anche i gelsi ed allora perchè no?

Ho un cd player e ascolto Tudor Gheorghe, una bellissima canzone che parla proprio di questi meravigliosi alberi che in primavera “impazziscono” e io mi sento libera di sognare e sogno come mi pare, con gli occhi aperti verso il futuro e penso che la vita sia cosi meravigliosa.

Ho solo 18 anni e tutta la vita davanti, ho tanti desideri, tanti sogni e mi sento felice camminando in mezzo alla natura, fra tanti odori e rumori che mi fanno stare tranquilla. Ci sono i miei nonni, i miei genitori, i miei fratelli ed i miei amici e io  mi sento protetta. Non sono sola al mondo e poi in mezzo a tutte queste meraviglie come potrei esserlo. Che bella sensazione, mi sento come se potessi chiudere dentro il pugno il mondo intero.

 

Apro gli occhi e tutto questo non c’è più, guardo le mie mani e i miei pugni stretti e non capisco come mai lo stesso qualcosa ad un certo punto sia sfuggito fra le ditta.  E mi manca tanto passeggiare sui sentieri dissestati aspettando di sentire la voce della mia nonna che mi chiama a pranzo. Sognare è una cosa meravigliosa. Mi manca tutto ciò.
Nella mia lingua c’è una parola sola per descrivere quello che sento ora, una parola che non esiste in nessuna lingua: “DOR”.

DOR, DOR, DOR!!!